La tempesta a Capo Horn

26 Luglio 2023

Con le braccia aperte raccoglieva il vento. Con gli occhi chiusi sentiva il calore delle stelle. Con le labbra respirava sale.

– Tra un paio di giorni arriveremo in Cile, potrai raccontare di aver visto le Falkland, chissà quante ragazze incontrerai bevendo e raccontando i tuoi viaggi eh amigo?

Alberto non rispondeva.

– Mi ricordo quando ho scelto la vita di marinaio, non avevo esattamente un grande ventaglio di possibilità, a Montevideo quando ero giovane o lavoravi per il turismo o finivi in mare, oppure bé potevi sempre farti assoldare dalla criminalità organizzata ma non mi andava di morire prima dei vent’anni, come del resto non mi andava di sorridere a qualsiasi turistello pieno di grana che veniva a prendere il sole e a scopare puttane a basso costo. Il mare era la mia via di fuga perfetta, fare vela verso l’orizzonte è una sensazione strana, ormai anche tu dovresti conoscerla bene eh hermano? Anche se “fare vela” è stato svuotato del suo valore fisico rimane un bel modo dire credo..

Il rumore del mare calmo copriva i silenzi creando un ponte tra una frase e l’altra, lasciando la possibilità ad Alberto di tacere senza indisporre l’amico. Prese in mano il telefono anche se sapeva benissimo che non c’era campo.

Pochi mesi addietro ricordava di essersi letteralmente cagato addosso prima di caricarsi lo zaino in spalla per partire. Anche se non ne capiva il motivo. I viaggi non lo spaventano e la lontananza da casa lo galvanizza, eppure aveva una paura tremenda questa volta.. come se non fosse solo un viaggio ma Il Viaggio, più lungo e difficile del solito. La separazione da Annabelle non aveva certo aiutato. L’ultima notte l’avevano passata insieme, dolcemente, poi la mattina seguente mentre la riportava a casa non dissero quasi nulla e arrivati davanti al portone del palazzo di lei un abbraccio, un bacio e un normale “ci si vede” fingendo che non fosse un addio, ma così facendo l’avevano reso ancora più doloroso.

– .. è strano pensare che non la pensiamo allo stesso modo, in realtà nessuno di noi lo avrebbe mai detto, siamo tutti molto felici della vita che facciamo e i pochi che si sono uniti a noi hanno scelto poi di ripartire.. ma dimmi ancora dove andrai.

– Voglio volare fino a New York per poi ripartire di nuovo verso casa.

– E perché non restare con noi! Lo sai che andremo verso l’Asia e poi in Medio Oriente, da lì spenderesti molto meno per arrivare a casa. Non fare caso al Capitano, lui fa così con tutti. Non è davvero così incazzoso e non credo pensi davvero quel che dice.

Adesso alberto stava scendendo dalla scaletta per andare a sedere di fianco all’amico e riprendere la partita a carte. Stavano giocando a un gioco strano, i marinai lo avevano soprannominato “il gioco del mare” perchè imbarcando continuamente gente diversa e fermandosi in porti differenti finiva sempre che le regole dei vari giochi si confondessero tra loro. Questo in particolare sembrava un misto tra il poker indiano e il blackjack.

– Carta? Sì, lo so che la vuoi.. te lo leggo negli occhi.

– Carta, carta.. Tu non lo sai ma hai già perso, non vedo l’ora di gustarmi quella birra ghiacciata, brinderemo alla tua! Comunque non mi fermo con voi, ho fretta di tornare..

– Hahaha un bel jack di picche! Sicuro hai sballato! Mi sa proprio che non brinderemo a me.

Il gioco più o meno prevedeva che dopo aver mischiato le carte entrambi i giocatori ne prendessero una e la incastrassero sopra la visiera del cappello ma, a differenza del poker indiano, si giocava utilizzando la carta nel berretto altrui per arrivare a fare ventuno come a blackjack. In realtà non cambiava molto dal blackjack, ma questo espediente rendeva la scena più divertente per chi la osservava e che, conoscendo entrambe le carte, era più partecipe. Alberto aveva un 7 di cuori sul tavolo e il jack di picche appena pescato, sulla coppola di Miguel era incastonato un 4 sempre di picche, 21.

– Ok ok, se lo dici tu.. dai mi fermo, sta a te.

– E va bene, guarda che ti combino.. donna di cuori! Bene ho già finito allora!

Alberto aveva in testa un cappello recuperato solo per la partita, pubblicizzava una birra argentina, Quilmes. Aveva addosso un’altra donna, di picche.

– Ho fatto 20, come la mettiamo eh?

– 21

– Mierda! Ico de pu..

– Se se, parla pure spagnolo, intanto in Cile paghi.

Due passi risuonano sul ponte, tum tum, come macigni.

– Capitano! Ci scusi, tutto tranquillo all’orizzonte! Stavamo solo ingannando il tempo, sa fino a poco fa ero..

– Taci ragazzo! E venite in coperta che dobbiamo prepararci, la radio è saltata e nonostante sia tutto tranquillo, le stelle ancora non si vedono. E muovetevi per Dio, il mio non era un invito!

Annabelle stava oltre le nuvole.

– Capitano dobbiamo prendere una mano di terzaroli, preventivamente?

La stiva della nave era carica di sete colorate, Alberto non le aveva mai nemmeno accarezzate nonostante avesse sfacchinato per ore caricandolo. Eppure nemmeno le aveva sfiorate.

– La vela non si tocca fino alla fine! “Preventivamente” preparati a bagnarti per tirarla giù al momento giusto!

Gli occhi di Alberto erano puntati verso le casse piene di tessuti, ma non le guardava, andava oltre, trapassava anche lo scafo. Correva sul mare. Gli occhi di Alberto erano arrivati a Capo Horn e alle città che sarebbero spuntate poco dopo, scendendo dalla scaletta con lo zaino sgualcito in spalla nell’immenso porto cileno, voci odori e colori. Lo sguardo scorreva i visi dei marinai e delle bariste, dei ricchi e dei mendicanti quand’ecco che tra i volti sconosciuti uno famigliare, Annabelle. Gli occhi di Alberto si tuffavano nel suo sguardo. Andò verso di lei ma fu accolto da un sonoro schiaffo.

All’improvviso, un tuono e la tempesta cominciò. Gli occhi di Alberto la fissavano.

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